Storia |
Il rinvenimento sulle alture di Borgo e a Castel S.Pietro di reperti archeologici risalenti all'epoca preistorica dimostrerebbe la presenza di stanziamenti umani, anche nel territorio di Telve, almeno fin dall'età del bronzo. I vari popoli che percorsero la valle nella successiva età del ferro sono indicati come Reti e furono caratterizzati da un'unità etnico culturale estesa al Trentino, alle Prealpi venete, al Tirolo e alla Bassa Engadina. Tale origine comune si evidenzia nelle numerose concordanze tra nomi di località valsuganotte e altre, regionali ed extraregionali; per quanto riguarda il nome "Telve", troviamo corrispondenti in Alto Adige con "Telves" in provincia di Como con la "Val d'Intelvi", in Tirolo con "Telfs" e nel feltrino con "Telva".
In seguito alla caduta dell'Impero la valle fu sicuramente attraversata da orde di barbari finché nel VI secolo vi giunsero i Longobardi che aggregarono la Valsugana al Ducato di Trento. Successivamente si stanziarono i Franchi. Se all'epoca fosse già esistito a Telve un villaggio non é dato sapere, ma un eco dell'antica e cospicua presenza della civiltà longobarda può essere ravvisato nella dedicazione a San Michele Arcangelo della primitiva chiesa del paese. La prima fonte certa che attesta la presenza di un insediamento stabile a Telve risale al 1160: in un documento redatto il 12 maggio di quell'anno è nominato infatti un certo Wala dominus de Telvo, capostipite della famiglia de Telvo. Rimane il dubbio se sia stato il villaggio a prendere il nome dalla famiglia, o la famiglia dal villaggio. Ciò che però è importante rilevare è che già nel XII secolo i de Telvo erano una potente ed illustre famiglia, i cui componenti, benché ministeriali del vescovo-conte di Feltre, intrattenevano significativi rapporti diplomatici con la sfera politica trentina. Il prestigio e l'autorità dei signori de Telvo sono dimostrati anche dai numerosi possedimenti che essi vantavano in Tesino (Valsorda) e oltre il confine del Vescovado feltrino: Civezzano, Fornace, Piné e Vigolo Vattaro.
Sul finire del XIII secolo Telve era un centro vitale dotato di chiesa e di castello e nel 1296 possedeva una Carta di Regola. E' anche di questo periodo o poco oltre, l'inizio della costruzione della chiesetta di Santa Giustina, eretta sull'omonimo colle ad est del paese. Col passare degli anni la famiglia de Telvo si era moltiplicata e divisa in tre rami feudali, ognuno dei quali occupava un proprio castello: Arnana, S.Pietro e Castellalto. Ciascun castello possedeva il diritto di giurisdizione civile sulla villa di Telve alternativamente per un anno. La linea di castel Arnana si estinse verso il 1310 e ciò comportò l'abbandono del castello mentre quella di castel San Pietro si estinse una ventina d'anni dopo ed il castello venne distrutto nel 1385 dall'esercito di Antonio della Scala. La dinastia dei de Telvo facenti capo a Castellalto fu la più duratura. I suoi componenti si stabilirono nel castello di Castellalto e, non si sa con certezza quando, mutarono il loro nome orginario con quello di domini de Castro Alto. Nel XIV secolo, i Castellalto furono oltre che spettatori anche protagonisti dei turbinosi avvenimenti che si susseguirono nella Valsugana feltrina e che si conclusero nel 1413 con la conquista del potere da parte dei Duchi d'Austria e Conti del Tirolo. I Castellalto non si opposero neppure alla dominazione dei Della Scala (1321-1337) e fecero addirittura dipingere sulla torre del loro castello l'arma scaligera, emblema del casato veronese. Ma fu soprattutto con i Da Carrara di Padova che essi instaurarono dei duraturi rapporti diplomatici improntati a una sincera e leale amicizia. Non parteciparono infatti alla rivolta contro i signori di Padova fomentata da Biagio di Grigno nel 1365 e per questo il loro castello fu risparmiato dall'invasione punitiva promossa da Francesco da Carrara. Quando, nel 1413, Federico IV Duca d'Austria e Conte del Tirolo invase la valle conquistandone i castelli, divenne signore della Valsugana feltrina; i Castellalto furono perciò costretti a cambiar partito ed iniziarono ad intraprendere una politica improntata sempre più al raggiungimento di appoggi e favori presso la Casa d'Austria; questo li portò progressivamente a gravitare nell'area politica tirolese. Nel 1453 viene nominato capitano ducale a Castel Ivano Francesco III di Castellalto, il quale nel 1479 sarà anche luogotenente a Castel Telvana. E' in questo secolo che il paese vede il fiorire di una forte colonia di tedeschi richiamati dalla presenza di numerose miniere dislocate in Val Calamento. La presenza di questa comunità è ricordata ancora nel diciottesimo secolo, quando padre Pedri de Mandelli annota l'esistenza di una via denominata "Contrada tedesca". Il villaggio era probabilmente il centro minerario in cui risiedeva, non si sa se stabilmente, un sovrintendente alle miniere e la cui comunità era confortata dalla presenza di un cappellano tedesco che operava a fianco di quello italiano.
Dopo un periodo di relativa pace la valle venne di nuovo immersa nel turbinìo della guerra scatenatasi tra la Casa d'Austria e la Repubblica di Venezia. Ne subirono dolorosamente le conseguenze anche gli abitanti di Telve i quali nel 1487 assistettero impotenti all'arrivo delle truppe veneziane che, dopo aver tentato inutilmente di espugnare il castello di Castellalto, si riversarono con veemenza contro il villaggio depredando ogni cosa e appiccando il fuoco alle abitazioni. Il susseguirsi di scontri, devastazioni, stragi e soprattutto l'uso tirannico dei potere operato dai giusdicenti dei castelli nei confronti della popolazione locale, avevano portato quest'ultima, sulla scia di notizie che giungevano d'oltralpe, a manifestare il proprio dissenso sotto forma di rivolta. La cosiddetta Guerra Rustica fece delle vittime notevoli anche in Valsugana. Fu in questo frangente che si distinse la figura di Francesco IV di Castellalto, brillante e valoroso uomo d'arme nonché uomo di cultura e fine diplomatico. Chiamato da Bernando Clesio a reprimere la rivolta in atto, liberò energicamente la città di Trento dagli assalitori ed in seguito si recò nelle valli limitrofe a punire i contadini ribelli. In questa missione diede prova di moderazione e buon cuore: come dice il Suster "egli ben di rado sedeva al banco della giustizia e il più delle volte anzi influiva per levare accuse sospette e mitigare carceri e pene come si può intravedere dagli atti dei processi e sopra tutto dalla buona memoria da lui lasciata specialmente in Valsugana". Si spense a Trento nel 1555.
Si aprì successivamente un lungo periodo di dispute per l'acquisizione dei beni, del maniero e dei diritti giurisdizionali ad esso connessi, i quali confluirono, attraverso le sorelle del defunto Francesco, nelle famiglie dei Lodron, Greifensee e Trautmannsdorf. Le prime due rinunciarono ai loro diritti a favore dei Trautmannsdorf. Nel 1635 i Trautmannsdorf vendettero Castellalto all'Arciduchessa Claudia de Medici, contessa del Tirolo, che venne investita della giurisdizione di Castellalto dal Vescovo di Feltre. Ella nominò come suo capitano e consigliere Armenio Buffa e nel 1652 il figlio Ferdinando Carlo diede in pegno il castello ai fratelli Zambelli di Bassano con la riserva però che esso potesse essere recuperato dai Buffa al momento in cui questi avessero avuto la disponibilità economica per farlo. Dopo una serie di dispute legali, nel 1671 quando Antonio Buffa sposò una Zambelli, con l'atto matrimoniale ricevette in dote anche la giurisdizione di Castellalto. Dal XVI al XVIII secolo la comunità di Telve appare sempre più caratterizzata da una vivacità economico-sociale testimoniata dalla presenza di artigiani e mercanti, di fucine e mulini, dalle numerose manifestazioni collettive profane e soprattutto liturgiche. Il paese vede inoltre un forte sviluppo urbanistico-architettonico che si concretizza nella costruzione, accanto a dimore tipicamente rurali, di residenze signorili dislocate soprattutto attorno alla piazza principale: Casa Sartorelli, con elementi del primo Cinquecento, il fabbricato cinque-seicentesco alle Veróne, il palazzo Buffa. Distintiva delle residenze signorili era anche la costruzione di cappelle private fra le quali spicca la Chiesetta barocca di S.Giovanni Nepomuceno alla sommità del cui portale campeggia la statua del santo opera dello scultore Antonio Giuseppe Sartori. L'importanza storica del paese in questo periodo è indicata dalla presenza dell'Ospedale o "Cà di Dio", attivo sicuramente già dal 1530.
Nel 1810 la Valsugana, dopo cinque anni trascorsi sotto la dominazione dei bavaresi, venne aggregata al Regno d'Italia e incorporata al dipartimento dell'Alto Adige. La giurisdizione di Castellalto fu quindi completamente abolita e sottoposta alla giudicatura di pace di Borgo. Con il ritorno della Casa d'Austria il giudizio patrimoniale di Castellalto venne ripristinato, finché i baroni Buffa, nel 1825, rinunciarono alla giurisdizione; nel 1830 fu istituito il giudizio distrettuale di Borgo. Nel 1866, durante la Guerra d'indipendenza, Telve dovette di nuovo assistere ai duri combattimenti che si svolsero sul colle di San Pietro tra le truppe austriache e quelle italiane guidate dal generale Medici, che da Bassano era salito lungo la Valsugana per tentare di ricongiungersi a Trento con Garibaldi. Pochi anni prima un'altra grave sciagura si era abbattuta sul villaggio: un furioso incendio aveva infatti devastato la parte sud orientale dell'abitato investendo 13 case abitate da 20 famiglie di contadini per un totale di circa 130 persone. Ma l'evento epocale, che portò prima alla totale evacuazione e poi alla distruzione del paese, fu il primo conflitto mondiale. I numerosi resti di trincee e di baraccamenti militari ancora visibili sulle montagne di Telve e la toponomastica locale testimoniano gli avvenimenti che nei tragici mesi tra il 1915 ed il 1917 interessarono la zona. Telve e la Valsugana rimasero infatti a lungo sulla linea del fronte. Già nel 1914 la popolazione del paese venne privata di buona parte dell'elemento maschile con il graduale richiamo di numerose classi di leva, mandate a morire sui campi di battaglia del fronte austro-russo. Dopo la dichiarazione di guerra all'impero austroungarico del 23 maggio 1915, le truppe italiane (alcuni battaglioni alpini e di guardie di finanza e due brigate di fanteria) avanzarono molto lentamente lungo il corso del Brenta nonostante la totale assenza di opposizione da parte avversaria.
Il 3 novembre 1918, dopo il crollo dello schieramento austriaco sul Grappa, gli italiani rioccuparono il paese, ma il rientro dei profughi iniziò solo nel mese di dicembre per completarsi l'anno successivo. À Chi rientrò si trovò di fronte ad un mare di rovine: delle 255 case che costituivano nel 1914 il paese, all'inizio del 1919 solamente 5 potevano considerarsi abitabili. Iniziò così un immane lavoro di ricostruzione dell'abitato, che venne completato in pochi anni mentre la popolazione si adattava provvisoriamente a sopravvivere nelle malsane baracche prefabbricate erette in tutta fretta dal genio militare italiano.
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